Dall'introduzione alla riunione nazionale contro la repressione del 21 giugno a roma
All'Odg sotto la parola d'ordine "unire, lottare, trasformare lo stato di cose esistente", la costituzione di un coordinamento nazionale contro la repressione.
Nell'introduzione, Proletari comunisti ha posto l'esigenza della larghezza e dell'ampiezza necessaria a fronteggiare l'azione repressiva complessiva dello Stato e la necessità di un nuovo livello di cooperazione delle forze colpite dalla repressione e impegnate nella lotta contro di essa. Non per fare solo già quello che si fa con alcuni risultati importanti, ma per superare la logica che ognuno lotti contro la "sua repressione".
Non si tratta solo di raccogliere il movimento esistente, ma lavorare per
farlo crescere e porlo all'altezza dell'attacco dello Stato, alzare il tiro della risposta, ritrovando nelle ragioni particolari le ragioni generali, per avanzare nelle singole battaglie ma soprattutto per modificare e rovesciare i rapporti di forza.
La logica che ci deve guidare è che quando colpiscono i Carc siamo tutti Carc, quando colpiscono Proletari comunisti, siamo tutti Proletari comunisti, ecc. Perchè dietro ogni singolo fatto repressivo c'è un'unità di fondo che muove l'azione della borghesia.
La repressione colpisce i rivoluzionari, gli antifascisti, gli anarchici. Si costruiscono montature giudiziarie e poliziesche contro le lotte e le organizzazioni proletarie; contro i movimenti anti Tav, anti Base (NO Dal Moln), anti discariche ecc.
Si fanno licenziamenti politici e discriminazioni sui posti di lavoro, si licenziano le avanguardie operaie. Nelle carceri si peggiorano le condizioni di vita dei prigionieri politici, si attua contro di essi il 41bis e forme di torture fisiche e psicologiche. Si criminalizzano tutti trasformando ogni fermento in "associazione sovversiva", da colpire con il 270bis.
Si assicura una copertura di Stato alle aggressioni fasciste contro antifascisti e immigrati; si legalizzano le ronde razziste della Lega Nord; si pratica la brutalità omicida e la impunità poliziesca contro immigrati, fermati, cittadini inermi.
Si approvano pacchetti di sicurezza, si usa l'esercito nelle strade, avanza la militarizzazione.
Uno Stato di polizia che rappresenta il vero terrorismo.
Di qui la necessità di costruire un fronte per unire le forze, non solo per un piano di iniziative, ma per unificare nel profondo, utilizzando tutte le forme di iniziativa e di lotta, dai presidi alle manifestazioni, fino al referendum abrogativo del 270bis.
Un coordinamento nazionale deve servire a questo.
Un coordinamento in cui ci impegniamo, almeno per un anno, a fare insieme le cose, a partire dalla costruzione di una manifestazione nazionale in autunno, sviluppando sulla base dell'unità un chiarimento e anche una lotta anche al nostro interno in corso d'opera.
Un coordinamento che parta dalle forze presenti, ma che punti ad allargarsi a tutti coloro che qui non sono presenti o che sono impegnate in altre campagne verso le quali siamo solidali.
Un coordinamento che abbia una base territoriale in tutto il paese, con la creazione di vere e proprie "case di solidarietà proletaria", o comunque si chiamino; luoghi comune per tutti coloro colpiti dalla repressione, dove si costruiscono iniziative insieme.
Dalle conclusioni
Dobbiamo caratterizzare il nostro lavoro come lavoro di massa, per fare della lotta alla repressione una lotta di massa. Dobbiamo lavorare ad una manifestazione nazionale.
Bisogna rivolgersi a tutte le altre forze per allargare il coordinamento.
Lavorando in questi mesi, partecipando alle iniziative già esistenti, a cui diamo l'adesione, e ritrovandoci in forme possibilmente più allargate a fine settembre per organizzare e programmare l'iniziativa nazionale e la manifestazione nazionale.